Nove in condotta a chi chiamò “mostro” un ragazzo vittima di incidente stradale a Zimella: dopo Rovigo i genitori si appellano a Valditara.
Ha preso nove in condotta chi a scuola chiamava “mostro” il ragazzo di 13 anni di Zimella, ex atleta di rugby, che ha subito dei danni al volto a causa di un incidente stradale. Ora i genitori e l’Associazione unitaria familiari e vittime della strada chiedono – come è accaduto nella scuola di Rovigo – un intervento del ministro dell’istruzione e del merito perché riconvochi il consiglio di classe per rivedere la valutazione di chi ha compiuto atti di bullismo.
La vicenda inizia nel mese di maggio dello scorso anno, quando il ragazzo viene travolto e finisce all’ospedale. Quando torna a scuola, anziché trovare solidarietà, incontra un gruppetto di ragazzi che lo prendono in giro. Gli epiteti contro di lui sono violenti, continui, secondo quanto ha raccontato ai genitori: “Sei il solito ignorante, l’incidente ti ha reso stupido… Guardati, sei un mostro con quella faccia lì… Il tuo incidente è stata una punizione di Dio perché non avevi tutti dieci in pagella…”.
A quel punto il ragazzo – già fragile dopo quanto accaduto – crolla. Non riesce più ad andare a scuola. La famiglia si appella ai docenti, alla dirigente, ma non trova il riscontro sperato. Nel pieno dell’anno scolastico i genitori decidono di trasferire il ragazzo in un’altra scuola paritaria, ma al momento delle pagelle Pallotti fa un’amara scoperta: uno dei ragazzi, il più coinvolto negli atti di bullismo, ha preso nove in condotta.
La risposta della preside durante la trasmissione Storie Italiane.
Nei giorni scorsi la famiglia ha deciso di denunciare pubblicamente il caso alla trasmissione Storie italiane condotta da Eleonora Daniele su Rai Uno. E lì che la preside si fa sentire con una lettera inviata alla redazione:
“La segnalazione è stata presa in carico. La scuola ha svolto tutto ciò che nelle sue competenze in questi casi. Abbiamo avviato uno scrupoloso accertamento interno che ha coinvolto docenti, genitori e studenti con lo scopo di appurare i fatti segnalati. Gli esiti sono stati segnalati all’amministrazione scolastica superiore. Contestualmente la scuola ha fornito un piano di ripresa delle lezioni all’alunno per facilitare e accompagnare il rientro a scuola attraverso incontri a distanza con i docenti e altre misure volte a recuperare relazioni con i compagni, che la famiglia ha scelto di non utilizzare”. Parole smentite dalla madre nel corso della trasmissione.
“Siamo pronti a chiedere al ministro dell’Istruzione un’ispezione affinché lo scrutinio sia reso pubblico. Chiediamo che venga dato un cinque in condotta al bullo e quindi che sia bocciato. Si deve rendere conto delle conseguenze di ciò che ha fatto”, ha dichiarato il presidente dell’Associazione.
L’appello al ministro Giuseppe Valditara.
La richiesta è di adottare un’iniziativa simile a quella dell’istituto superiore di Rovigo, dove era stato dato nove in condotta a due studenti che avevano sparato pallini di plastica contro un’insegnante: un voto modificato su richiesta del ministro Giuseppe Valditara, che ha invitato la dirigente a riconvocare il Consiglio di classe. Intanto l’avvocato della famiglia, Davide Tirozzi, spiega che i genitori non hanno voluto denunciare penalmente il bullo, ma hanno sporto “richiesta di risarcimento danni nei confronti della scuola e della famiglia del ragazzino”.
A chiedere un intervento a Valditara è la mamma della giovane vittima: “Il ministro ci ascolti. Serve una lezione a questo bullo. Dev’essere una punizione esemplare, che serva agli altri. Mio figlio ormai frequenta una nuova scuola dove è stato ben accolto ma questo fatto non può cadere nel nulla.
Già a un mese dall’inizio della scuola ci eravamo accorti che qualcosa non andava. Prima della pausa per Carnevale grazie al sostegno di suo compagno ha raccontato cosa succedeva in classe. La sera prima del rientro in aula è scoppiato in lacrime. Non voleva più uscire di casa. Siamo stati da uno psicologo. Ha provato a tornare a scuola ma nulla è cambiato. Non è tornato in classe per un mese ma nessuno dei compagni si è fatto sentire. Ciò che ci indigna è che la scuola non ha mai definito tutto ciò bullismo”.