Verona, il consiglio comunale cancella le mozioni omofobe del 1995.
Il consiglio comunale di Verona, dopo 27 anni di battaglie e di tentativi andati a vuoto, ha cancellato le mozioni omofobe del 1995. Lo ha fatto approvando un ordine del giorno sottoscritto dai capigruppo di maggioranza (Partito Democratico, Lista Tommasi Sindaco, Verona in Comune e Traguardi).
Approvato dunque l’Ordine del giorno numero 18 che chiedeva la “Revoca delle mozioni omofobe n. 336 del 27 aprile 1995; n. 383 del 13 giugno; n. 393 del 30 giugno del medesimo anno”, con prima firmataria Jessica Cugini (Comune per Verona – Sinistra Civica Ecologista). Michele Bertucco commenta così la cancellazione delle mozioni: “Si esce dal medioevo”.
Sono stati 21 i voti favorevoli, 15 consiglieri assenti (l’intera opposizione di centrodestra) un solo astenuto, Paolo Rossi (Verona Domani – Coraggio Italia), unico rappresentante dell’opposizione a essere rimasto in aula. Con le mozioni cancellate dal consiglio comunale, lo ricordiamo, il comune di Verona in sostanza rigettava le risoluzioni europee in tema di pari dignità delle persone con diverso orientamento sessuale e di genere, aggiungendo che l’unica famiglia possibile era quella tradizionale.
“Un atto democratico atteso da tempo”.
“Questo ordine del giorno – ha spiegato la consigliera Cugini – non è una visione ma un atto democratico atteso da troppo tempo dalla città e da quest’aula consigliare. Come amministratori abbiamo il dovere di garantire con il nostro operato pari dignità e pari opportunità a tutte le cittadine e i cittadini che abitano a Verona, a prescindere dal loro orientamento sessuale e identità di genere, credo religioso, appartenenza culturale e provenienza geografica”.
Il dispositivo approvato a maggioranza dal consiglio comunale di Verona riprende e amplia l’ordine del giorno presentato da Federico Benini e Michele Bertucco nel 2018, osservando che tutte le distinzioni che queste mozioni contengono tra famiglia naturale e convivenze omosessuali e il preteso divieto di deliberare provvedimenti “che tendano a parificare i diritti delle coppie omosessuali a quelli delle famiglie naturali” sono in contrasto con il dettato costituzionale sulla parità di trattamento tra i cittadini; con le disposizioni e le risoluzioni del Parlamento europeo e, da ultimo, anche con la legge Cirinnà che nel frattempo ha regolato le unioni civili tra persone dello stesso sesso.