La giornalista e attivista disabile Valentina Tomirotti aveva intentato una causa contro Fondazione Arena e Vivoconcerti per condotta discriminatoria.
Era il 2019 e Valentina Tomirotti, giornalista e attivista in sedia a rotelle, si recò all’Arena di Verona per assistere al concerto di Coez. La donna era posizionata nell’apposita area riservata alle persone con disabilità ma a causa del pubblico in piedi è riuscita solamente ad ascoltare il concerto, senza vedere nulla. Nonostante durante la serata sia stato fatto presente allo staff, nessuno ha fatto nulla per risolvere la cosa e la faccenda si è poi trasferita in sede legale.
L’azione legale che Tomirotti ha mosso per condotta discriminatoria, con il supporto dell’Associazione Luca Coscioni, contro Fondazione Arena e Vivoconcerti, si è conclusa in questi giorni con una transazione di 3.000 euro a favore di Tosarotti e con l’obbligo, per Fondazione e Arena di Verona di installare una pedana rialzata, all’interno dell’Arena di Verona, entro il 31 dicembre 2023 al fine di consentire anche alle persone con disabilità, sedute sulla carrozzina, di poter assistere ai concerti. L’Arena di Verona non è nuova a questi avvenimenti, la stessa cosa era successa anche a Sofia Righetti sempre nel 2019, e anche a lei è stato fornito un risarcimento di 3.500 euro.
“Si chiude un brutto capitolo”.
“È finita! Dopo più di 3 anni dal concerto incubo di Coez in Arena di Verona, si chiude un brutto capitolo. Da quel giorno non ho più partecipato ad un concerto e ora pretendo che quanto deciso venga applicato su tutto il territorio nazionale: con la mia associazione Pepitosa in carrozza, vigilerò perché questo avvenga”.
Purtroppo queste discriminazioni non sono una novità, l’Associazione Luca Coscioni evidenzia infatti come il problema della fruibilità dei concerti non sia circoscritto solo all’Arena di Verona ma esteso su tutto il territorio nazionale e riguarda palazzetti, stadi e tanti altri posti all’interno dei quali le postazioni dedicate alle persone con disabilità sono ubicate in fondo alla platea, lontane o comunque ai margini dal palco, in luoghi che rendono complicata e non ottimale la visione del concerto. Un epilogo, questo, che fa quindi sperare in una vera e propria mobilitazione a livello nazionale per rendere più inclusivo l’ambito dell’intrattenimento e non solo.