A Verona “spariti” dal centro circa 150 negozi al dettaglio dal 2012 al 2024, pari al 23,3 per cento. Aumentano alberghi e ristoranti.
Verona è al 61mo posto nella graduatoria dei Comuni italiani (in tutto poco meno di 8mila) che hanno perso il maggior numero di negozi al dettaglio tra il 2012 e il 2024, con un calo del 23,3%. E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio della demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne aggiornati a giugno dello scorso anno. Si tratta di una ricerca sull’evoluzione delle attività commerciali, dell’alloggio e della ristorazione, nelle città italiane negli ultimi 12 anni.
Nel comune capoluogo, per il commercio al dettaglio fuori dal centro storico, a giugno 2024 operavano 1.209 imprese contro le 1.486 del 2019 e le 1.648 del 2012. In centro storico, sempre a giugno 2024, le aziende erano 565 contro le 635 del 2018 e le 713 del 2012.
Continua, di contro, l’ascesa dell’aggregato alberghi, bar, ristoranti: fuori dal centro, a giugno dello scorso anno, c’erano 1.054 aziende attive contro le 1.040 del 2019 e le 907 del 2012. Trend analogo in centro: 682 a giugno 2024, contro le 667 del 2019 e le 553 nel 2012.
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“Si accentua la desertificazione del centro”.
“Il boom dell’inflazione, il calo dei consumi, gli affitti elevati, la difficoltà di trovare personale, l’esplosione del commercio online si fanno sentire e depauperano il tessuto commerciale”, commenta il presidente di Confcommercio Verona Paolo Arena. “In questo difficile contesto, il terziario prosegue la sua evoluzione con meno insediamenti del commercio tradizionale e più servizi, a dimostrazione, comunque di vitalità e reattività. Occorre sostenere le attività di vicinato e il progetto Cities di Confcommercio nazionale punta a riqualificare le economie urbane con il contributo di istituzioni e imprese”.
“La desertificazione del centro ma anche delle periferie si va accentuando – la considerazione del direttore generale Nicola Dal Dosso – minaccia vivibilità, sicurezza e coesione sociale delle nostre città. Servono politiche per accrescere l’attrattività, l’accessibilità e la sicurezza della città perché i negozi sono sinonimo di socialità e vitalità: Confcommercio è pronta a fare la sua parte nel confronto di idee e nella progettualità con l’amministrazione comunale”.
In Veneto.
A livello regionale i dati sullo stato di salute di commercio, alberghi e pubblici esercizi, calcolati sulle città capoluogo di provincia e aggiornati al 31 dicembre 2024, sono in linea con quelli nazionali: per quanto riguarda il commercio al dettaglio, dal 2012 a oggi sono venute meno 907 imprese nei centri storici e 1.643 fuori dai centri storici; trend che si conferma anche se il raffronto è quinquennale, con meno 396 e meno 849 sul 2019. Analoga la situazione generale per gli alberghi, i bar e i ristoranti: nel raffronto con il 2012, sono sparite 274 attività nei centri storici e 126 fuori dai centri storici; in quello con il 2019 sono rispettivamente meno 81 e meno 41″.
Nel settore del commercio al dettaglio, in Veneto, crescono solo le imprese relative ad applicazioni informatiche e per telecomunicazioni in negozi specializzati; le farmacie; il commercio al dettaglio fuori da negozi, banchi e mercati. Scendono, invece: gli esercizi non specializzati; i prodotti alimentari e bevande; i tabacchi, i distributori di carburante; i prodotti per uso domestico in esercizi specializzati; gli articoli culturali e ricreativi in esercizi specializzati; altri prodotti in esercizi specializzati; il commercio al dettaglio ambulante. Quanto alla parte ricettiva e dei pubblici esercizi, aumentano i servizi di alloggio (chiaro effetto del boom degli affitti brevi), stabili sono gli hotel, crescono i ristoranti, scendono i bar.