La morte di Moussa Diarra, quasi sei mesi dopo: la trasmissione Presa Diretta solleva il caso del permesso di soggiorno.
Sono passati quasi sei mesi dalla morte di Moussa Diarra, il giovane maliano ucciso il 20 ottobre scorso alla stazione di Porta Nuova, a Verona. Il suo corpo giace ancora all’Istituto di Medicina Legale di Borgo Roma, mentre l’indagine sull’accaduto resta avvolta dal segreto istruttorio. Il caso è stato riportato all’attenzione pubblica dalla trasmissione Presa Diretta di Riccardo Iacona su Rai Tre.
Il poliziotto che ha sparato – tre i colpi esplosi, uno mortale – è indagato per eccesso colposo di legittima difesa. Ma dietro la tragedia si nasconderebbe anche un “dramma” burocratico: il percorso sofferto per ottenere un permesso di soggiorno. Moussa avrebbe affrontato una lunga odissea tra appuntamenti rinviati e documenti scaduti. Secondo quanto ricostruito nel corso della trasmissione Presa Diretta, gli incontri in questura sarebbero stati otto tra il 2021 e il 2022, con un permesso pronto nel 2023 ma ritirato solo il 2 maggio 2024, quando era ormai scaduto.
A Moussa era stato consegnato un tagliando legalmente valido, ma spesso rifiutato da datori di lavoro e proprietari di casa. Il ragazzo aveva avviato la procedura di rinnovo nell’agosto scorso, due mesi prima di perdere la vita. Una vicenda che solleva interrogativi anche sul peso delle pastoie burocratiche nella vita dei migranti.
“La storia di Moussa – dice il Comitato verità e giustizia per Moussa Diarra – ci parla di diritti negati alle cure e all’abitare, di file interminabili davanti alle questure, di appuntamenti annullati e di documenti già scaduti prima di uscire dagli uffici”.
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