Stipendi: nord-est fuori dalla top ten, Verona agli ultimi posti. In Italia tasso di disoccupazione tra i giovanissimi tra i più alti d’Europa.
Il nordest (Università di Verona compresa) è fuori dalla top ten delle Università che garantiscono stipendi medi più alti per i laureati nella fascia di età 25-34 anni di età. Secondo uno studio dell’osservatorio JobPricing, realizzato in collaborazione con Spring professional e il gruppo Adecco, infatti, a fare quasi da fanalino di coda tra i 40 atenei presi in esame ci sarebbero proprio Venezia e Verona. L’università Ca Foscari e l’università degli studi di Verona in 38esima e 39esima posizione garantiscono stipendi medi di appena 28.922 e 29.915 euro annui.
Un po’ meglio l’università di Trieste e quella di Padova, che si fermano però in undicesima e dodicesima posizione con una RAL media rispettivamente di 30.707 euro e 30.680 euro, mentre al 26esimo posto si piazza l’università di Udine con 30.188 euro annui.
La situazione generale.
“Il sistema di istruzione italiano si conferma tra i più fragili in Europa”, si legge nel report, “gli obiettivi prefissati da Europa 2020 non sono stati raggiunti e l’avvento della pandemia ha ulteriormente impoverito un sistema già compromesso”. Nel 2021 l’Italia ha il primato europeo per la presenza di NEET– giovani che non studiano, non lavorano e non sono in alcun programma di formazione– tra i 15 e i 29 anni (23%) ed è la terza in Europa per disoccupazione dei giovanissimi (34,8%) dopo Grecia (35,5%) e Spagna (35%).
Il livello di occupazione dei laureati e per chi possiede dei titoli post-laurea è più alto per tutte le fasce di età e la disoccupazione, giovanile e non, è più bassa della media nazionale solo per chi ha un titolo terziario.
Nonostante questo, il 25,8% sul totale degli occupati è costretta a rivedere al ribasso le proprie aspettative e adattarsi a svolgere un mestiere per cui è richiesto un titolo di studio inferiore a quello di cui è in possesso. Secondo le rilevazioni Istat e Almalaurea questo fenomeno è in costante crescita: nel 2008 era inferiore di 6,9 punti e nell’ultimo anno è cresciuto di 0,7 punti percentuali. Questa percentuale cresce enormemente se si considerano solo i laureati: secondo le rilevazioni Inapp-Plus, nel 2018 il tasso di laureati che occupano posizioni per cui sono sovra-istruiti arrivava già al 37,4%.
Una differenza destinata a creare laureati “di serie A e B”.
Possedere una laurea, in media consente di accedere a un salario superiore del 45% rispetto a quello di un non laureato, ovvero circa 12.800 di euro, e la differenza di retribuzione cresce con i titoli e i titoli post-laurea. Il gap cresce con l’età arrivando a +40% per i lavoratori tra i 35-44 anni e a +65% tra i 45-54 anni. Le discipline STEM, poi, offrono le migliori prospettive di guadagno,
Nelle università che prospettano le retribuzioni migliori e peggiori (tra 25 e i 34 anni), al primo posto si posiziona l’università commerciale Luigi Bocconi (34.413 euro), segue il Politecnico di Milano (32.891), al terzo posto LUISS Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli (32.769). Agli ultimi posti la Ca Foscari di Venezia, l’università di Verona e l’università degli studi di Cagliari (28.706 euro).
“Queste tendenze”, ha affermato Luca Semeraro, SVP recruitment solutions Southern Europe di Badenoch e Clark e Spring professional, “sono destinate ad aprire sempre di più una voragine tra laureati di serie A e B, tra chi può e non può permettersi una adeguata formazione. Poi c’è il tema dei talenti: per chi come noi lavora con il potenziale dei lavoratori è evidente come dinamiche del genere possano influenzare le carriere delle persone e finire per non valorizzare i talenti migliori. Un danno per i lavoratori certo, ma soprattutto un danno per le imprese e quindi per l’intero sistema economico”.