Caso Moussa Diarra, il fratello parla in Senato: “Non credo ai poliziotti”. Il mistero dei video “scomparsi”

In Senato il caso di Moussa Diarra, il giovane del Mali ucciso in stazione a Verona. Ilaria Cucchi: “Ora ci aspettiamo di sapere cosa è accaduto”.

A un mese dalla morte di Moussa Diarra, il 26enne ucciso da un poliziotto alla stazione di Verona Porta Nuova con un colpo di pistola al cuore, permangono interrogativi cruciali. Durante una conferenza stampa al Senato organizzato dalla senatrice Ilaria Cucchi, il fratello di Moussa, Djemanga Diarra, ha denunciato la mancanza di trasparenza nelle indagini.

“Non credo ai poliziotti, Moussa non era drogato”, ha dichiarato, lamentando l’assenza di video che potrebbero chiarire i fatti: “Se fossi italiano, non mi direbbero che le telecamere non funzionano”. “Per il momento non ci è dato sapere se le telecamere fossero o meno funzionanti – sostengono i legali della famiglia di Moussa Diarra -. Anche per questioni di antiterrorismo, di telecamere ce ne sono moltissime. Ma perchè alcune non funzionavano? Chi ha visto quei video?”.

Le avvocate di Diarra hanno confermato dunque la mancata consegna di prove fondamentali, tra cui proprio le immagini delle telecamere. “Tre colpi sparati, due ad altezza uomo”, hanno evidenziato, aggiungendo di avere due testimoni che però non sono stati ancora ascoltati.

La senatrice Cucchi ha ricordato il drammatico percorso migratorio di Moussa, sottolineando le difficoltà affrontate in Italia: dai CPR ai problemi nei centri di accoglienza. “La sua storia è un simbolo dell’abbandono di chi cerca un futuro migliore. Ora dalla Procura di Verona ci aspettiamo una ricostruzione completa di quanto accaduto”, ha concluso la senatrice.

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