Parla il presidente della Provincia di Verona Flavio Pasini.
Flavio Massimo Pasini, un politico con passato imprenditoriale, è il nuovo presidente della Provincia di Verona. Lui si racconta così: 59 anni, sposato, un passato da imprenditore che si appassiona di politica e viene eletto a guidare il suo comune: Nogara. Leghista, eletto per la prima volta nel 2002, dopo anni di minoranza vince, con la sua squadra, le elezioni amministrative. Fare il sindaco a Nogara, in un periodo di Covid, dice che è stato impegnativo ma anche profondamente formativo.
- Flavio Pasini è il nuovo presidente della Provincia di Verona.
- Provincia di Verona, il giuramento di Pasini. Nominati due vice presidenti.
Ricorda perfettamente le molte notti passate a pianificare gli interventi. Occorreva agire, applicare e interpretare le nuove norme restrittive. Viene eletto dai suoi colleghi sindaci, con un mandato quinquennale che tutt’ora mantiene, a ricoprire il ruolo di presidente del Comitato sindaci Distretto 3, l’area a sud di Verona, dell’Ulss 9 Scaligera, mentre nel periodo Covid è stato anche presidente della Conferenza dei sindaci dell’Ulss 9 Scaligera. In questi ruoli, si fa apprezzare in tutta la provincia. Per questo non c’è stata rivalità tra i partiti quando si è trattato di eleggere il nuovo presidente provinciale.
Pasini ci accoglie nei Palazzi Scaligeri. Rappresentano la storia dei veronesi. Una chiacchierata intensa e piena di spunti, politici ma soprattutto amministrativi.
Presidente, cosa intende fare per dare lustro al ruolo della Provincia, che è visto spesso dai cittadini con una veste meno importante, rispetto ad altre realtà amministrative come i Comuni o la Regione?
“E’ un fatto che la Regione abbia molte competenze, ma ormai si è visto che il ruolo della Provincia non può essere eliminato. Si potrà eleggere direttamente o come ora il presidente, ma la vicinanza al territorio e il coordinamento per la gestione delle incombenze possono essere gestite solo attraverso enti o strutture intermedie. E’ per me assolutamente necessario ridare forza all’Autonomia che può consentire di ottimizzare i rapporti tra gli enti e responsabilizzare chi fa. Vede, in Italia, si iniziano tante cose ma poi si blocca tutto e spesso non si capisce chi o cosa ne ha impedito la realizzazione.
Con l’Autonomia si potrebbero individuare con maggior precisione i percorsi e le responsabilità delle amministrazioni, e i cittadini si potrebbero sentire più coinvolti e controllare meglio spese e interventi. Ad esempio, senza la presenza sul territorio delle Province, la Regione del Veneto, al pari delle altre Regioni, faticherebbe da Venezia a seguire tutte le competenze, comprese le nostre. Inoltre, spesso i cittadini si troverebbero a fare la spola da Verona a Venezia. Sicuramente per una ottimizzazione delle procedure, ogni Regione, senza le Province, dovrebbe aprire degli Uffici territoriali. Ecco quindi che torna a farsi sentire il bisogno di una struttura di collegamento soprattutto per un bacino di quasi un milione di persone come quello di Verona. Vogliamo rivedere alcune funzioni dell’ente? E’ possibile, ma se vogliamo che un cittadino, un responsabile aziendale, un funzionario amministrativo, un sindaco possano operare bene credo sia necessario un ente territoriale intermedio”.
Lei quindi spinge per l’annunciata riforma sull’Autonomia?
“Si, sicuramente. Ora la questione è ancora in itinere. Non sappiamo quali passi compiranno, la riforma è un’incognita. Non sappiamo in che modo ma io auspico che si proceda. Noto il fatto che tutti i partiti, o quasi, sembrano aver capito che occorre superare la legge Delrio (ndr: legge che creò le città metropolitane e riformò profondamente le Provincie). L’idea che inizialmente si era fatta è che la Provincia non doveva aver nulla: il motto era vendi tutto, sposta il personale e chiudi tutto. Meno male che invece noi qui a Verona abbiamo salvato sia alcuni immobili che personale, e ora in parte ne beneficiamo sebbene le risorse umane, proprio in seguito alla riforma, siano state sin troppo ridimensionate rispetto alle competenze che ancora abbiamo.
Vede, per esempio, il tema della polizia provinciale: noi siamo a quota diciotto unità, poche rispetto al territorio assai ampio di Verona. Retoricamente mi domando come si fa a coprire le esigenze territoriali di una intera Provincia con tre o quattro persone, quando già 18 sono un numero davvero ridotto? La mancanza di verifiche e controllo crea situazioni insostenibili, cosa che per fortuna da noi non accade così di frequente. Tornando alle Provincie, spero che la strada sia tracciata, nel senso che si dovrebbe tornare alle Province pre-riforma per cui ci serviranno personale e risorse. La Provincia deve diventare sempre di più la Casa dei Comuni, magari eletta di nuovo direttamente dai cittadini, ma è importante che il sindaco che viene qui a fare domande, qui deve trovare risposte”.
(prosegue)