Fondazione Telethon finanzia un progetto dell’Università di Verona

Fondazione Telethon premia il progetto di ricerca dell’Università di Verona sulla distrofia muscolare.

Fondazione Telethon finanzia l’Università di Verona con un importo di 185.359 euro per il progetto di ricerca “La paura di cadere nelle persone con distrofia muscolare: indagine del fenomeno e approccio riabilitativo multidisciplinare per il trattamento”.
Il progetto di ricerca è uno dei sei vincitori del bando congiunto di Fondazione Telethon e Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, per un totale stanziato che supera il milione e mezzo di euro e che ha coinvolto 32 istituti di ricerca in 13 regioni italiane.

Gli obiettivi del progetto veronese.

Lo scopo è finanziare gli studi volti al miglioramento della qualità della vita di chi soffre di distrofia muscolare. La paura di cadere influenza in maniera negativa la quotidianità, perché genera un ciclo di conseguenze dannose. La stessa paura può aumentare la probabilità di cadute e la tendenza è quella di limitare le proprie attività, con la progressiva perdita delle abilità motorie. Da non sottovalutare è anche l’impatto psicologico, segnato da ansia e insicurezza.

Il professor Nicola Smania, direttore Uoc Neuroriabilitazione e collaboratore al progetto sottolinea: “È molto importante lo sviluppo della riabilitazione nelle malattie neurologiche rare disabilitanti perché molto spesso questo settore viene trascurato in ambito di salute pubblica. Bisogna sottolineare invece che queste malattie cumulativamente rappresentano un fenomeno sociale molto importante, in quanto nella maggior parte dei casi portano a deficit gravissimi che limitano la mobilità e di conseguenza l’autonomia della persona. I provvedimenti riabilitativi possono portare ad un grande beneficio per questi pazienti soprattutto nella prevenzione dei danni secondari e della progressione della malattia”.

L’obiettivo del progetto veronese, come riportato dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, risiede nell’identificare e trattare la paura di cadere, attraverso un approccio innovativo e multidisciplinare con personale medico, psicologi e fisioterapisti. Verrà indagato se la paura di cadere possa essere ridotta attraverso trattamenti con metodi indiretti, come il miglioramento delle abilità funzionali attraverso la sola riabilitazione motoria e con tecniche psicoterapiche per trattare la paura, come la terapia cognitivo-comportamentale.

Una collaborazione sinergica.

Il progetto sarà coordinato da Valentina Varalta, ricercatrice del dipartimento di neuroscienze, biomedicina e movimento dell’ateneo. Collaboreranno anche Nicola Smania, docente del dipartimento e Domenico De Grandis, della Fondazione Speranza UILDM.

La forza della ricerca risiede anche nella collaborazione sinergica di tre soggetti. Il Centro di Ricerca dell’Università di Verona che coordinerà le attività e gestirà la raccolta e l’analisi dei dati. L’Uoc di Neuroriabilitazione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, che si occuperà della valutazione medica, motoria e cognitivo-psicologica dei pazienti. Ed infine Il Centro Riabilitativo della Fondazione Speranza UILDM, che interverrà sugli aspetti di riabilitazione delle persone affette da distrofia muscolare che parteciperanno al progetto.

La coordinatrice del progetto Valentina Varalta ha commentato: “Questo progetto permetterà di sottolineare ancora una volta l’integrazione tra università di Verona e AOUI, oltre all’integrazione con il territorio. Per me è motivo di orgoglio, lavorando da anni sia nell’ambito clinico che di ricerca, poter coordinare la ricerca. Con lo studio si vuole sottolineare come la multidisciplinarietà nell’ambito della neuroriabilitazione sia aspetto fondamentale a cui è utile mirare ogni giorno nel lavoro che facciamo con il paziente. È importante ricordarci che la persona con malattia neurologica presenta spesso disturbi non solo motori ma anche cognitivi e psicologici. Obiettivo del riabilitatore è quello di occuparsi di tutti questi aspetti al fine di rispondere ai bisogni del paziente ed aiutarlo nel suo percorso di cura.”

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