Citrobacter all’ospedale di Verona, non ci sarà il processo: ecco perché
Si è conclusa con un proscioglimento l’indagine giudiziaria sul batterio Citrobacter a Verona: non ci sarà il processo, ecco perchè. Il batterio tra il 2018 e il 2020 ha causato morti e gravi disabilità nel reparto di terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Borgo Trento. Il giudice dell’udienza preliminare ha stabilito il “non luogo a procedere” nei confronti dei sette indagati, tra cui medici e dirigenti dell’azienda ospedaliera, ritenendo che non vi fossero sufficienti basi per proseguire con l’azione penale. La decisione si basa sull’articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale, introdotto dalla recente riforma normativa, e le motivazioni della sentenza saranno rese note entro un mese.
La vicenda giudiziaria.
Il caso era stato aperto nel giugno 2020 in seguito alla morte di quattro neonati e alle infezioni contratte da altri sette, che avevano portato a disabilità irreversibili. Le indagini si sono concentrate sulla contaminazione dell’acqua del reparto, dove il batterio Citrobacter si era annidato nei rubinetti, rappresentando un grave rischio per i neonati ricoverati.
Un gruppo di esperti aveva ricevuto l’incarico di verificare l’effettiva presenza del batterio, stabilire un eventuale nesso di causa tra le infezioni e i decessi, e valutare se i contagi fossero stati evitabili. L’elaborato finale, composto da 400 pagine, ha suddiviso il periodo in tre fasi principali e concluso che, durante l’ultima fase (tra febbraio e maggio 2020), alcune criticità emerse in precedenza non erano state adeguatamente affrontate. Secondo l’analisi, un intervento più tempestivo avrebbe potuto evitare gli ultimi casi di contagio.
Nonostante le evidenze tecniche, l’accusa di omicidio colposo e lesioni gravissime non ha trovato fondamento sufficiente per procedere. È stato infatti escluso che i contagi potessero essere prevenuti, poiché nel periodo precedente non vi erano stati segnali di rischio, e il batterio è ricomparso in modo imprevisto nel giugno 2020. Dopo quattro anni e mezzo, l’indagine si è così conclusa, archiviando ogni accusa nei confronti degli indagati.