I 5 referendum sulla giustizia a Verona: la spiegazione.
Anche a Verona si votano i referendum sulla giustizia. Domenica 12 giugno, dalle 7 alle 23 tutti gli italiani aventi diritto al voto verranno infatti chiamati alle urne per cinque quesiti referendari riguardanti il tema della giustizia. Si ricorda che sarà possibile rispondere anche ad un solo dei cinque quesiti presenti al referendum.
A Verona e in provincia non si voterà dunque solo per il rinnovo delle amministrazioni nei 14 Comuni interessati, capoluogo compreso, ma anche per i referendum. Vediamo nel dettaglio quali saranno i referendum sulla giustizia per cui si sarà chiamati a votare.
I cinque referendum popolari abrogativi.
I cinque referendum per cui si andrà a votare chiederanno di abrogare, ovvero di eliminare, delle leggi in vigore, tutte riguardanti il tema della giustizia. Chi vorrà cambiare le suddette leggi dovrà votare “si“, in caso contrario, se si vuole che le cose rimangano come sono, barrare il “no“. Ogni quesito inoltre per essere ritenuto valido dovrà raggiungere il quorum e cioè dovrà recarsi alle urne almeno il 50% più 1 degli aventi diritto di voto che dovrà presentarsi al proprio seggio munito di documento d’identità e tessera elettorale.
La cancellazione della Legge Severino.
Il primo quesito, apposto sulla scheda di colore rosso, riguarderà la cancellazione della Legge Severino, che ad oggi esclude in automatico dalle elezioni e dagli incarichi in politica le persone condannate. La legge viene quindi applicata per parlamentari, rappresentanti di governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali.
In caso di vincita del “si” l’automatismo decaderà e spetterà al giudice al momento della condanna escludere o meno dagli incarichi in politica. Diversamente da quanto si può pensare però coloro che sostengono il “no” affermano che la legge debba essere modificata, ma mantenendo attiva la parte che prevede l’incandidabilità per persone accusate di reati di mafia, terrorismo e reati contro la pubblica amministrazione.
L’abrogazione delle limitazione delle misure cautelari.
Il secondo quesito su scheda arancione, invece, riguarda l’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e di esigenze cautelari, nel processo penale. Infatti, oggi il gip se vi sono gravi indizi di colpevolezza su un reato, durante le indagini e prima del processo, può decidere la custodia cautelare in carcere o ai domiciliari, soprattutto se c’è pericolo di fuga, alterazione di prove o reato.
Votando “si“, in alcuni casi e per reati non gravi, il pericolo della reiterazione del reato verrà eliminato; diversamente con il “no” il pericolo permarrà e la legge continuerà con il suo corso.
La separazione delle funzioni dei magistrati.
La terza scheda, di colore giallo, conterrà il terzo quesito riguardo l’abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, e viceversa, nella carriera dei magistrati. Oggi grazie a questa legge, i magistrati possono passare fino a quattro volte dal ruolo di pubblici ministeri al ruolo di giudici.
I sostenitori del “si” affermano, che così facendo, i magistrati dovranno obbligatoriamente scegliere che ruolo ricoprire – se giudici o pubblico ministero – prima di iniziare la propria carriera; viceversa se passasse il “no”.
La partecipazione dei membri laici nella giustizia.
Il quarto quesito, su scheda grigia, serve a permettere o meno la partecipazione alla valutazione sui magistrati, oltre che alle toghe, anche ad altre figure di esperti nella materia giuridica. Ad oggi solamente i magistrati possono votare le valutazioni professionali dei colleghi, anche se vi è la presenza di avvocati o professori universitari.
Se passasse il “si” ovviamente la valutazione verrebbe estesa alle categorie sopra citate, contrariamente con il “no” tutto rimarrebbe uguale.
Le elezioni del Comitato superiore della Magistratura.
Il quinto quesito, su scheda verde, riguarda l’abrogazione della legge 24 marzo 1958, n. 195 (“Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura”) nella parte che prevede l’obbligo di raccogliere da 25 a 50 firme per potersi candidare come membri dell’Organo di autogoverno della magistratura.
Nel caso del “si” si tornerebbe quindi alla legge originale del 1958 che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi presentando semplicemente la propria candidatura; nel caso del “no” l’obbligo delle firme rimarrebbe.