La lettera di monsignor Zenti, vescovo di Verona, scatena le polemica.
Un’entrata a gamba tesa, a una settimana dal ballottaggio tra Damiano Tommasi e Federico Sboarina: la lettera di monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, ai “confratelli della diocesi” accende la miccia delle polemiche. E non potrebbe essere diversamente, visto il contenuto della lettera, che si apre con il ricordo di padre Flavio Carraro, recentemente scomparso e i cui funerali saranno celebrati martedì 21 alle 9.30 in cattedrale.
Ma a scatenare la polemica, in particolare, è il passaggio nel quale Zenti scrive che “uno dei doveri dei sacerdoti in occasione delle tornate elettorali nelle città è far coscienza a se stessi e ai fedeli di individuare quali sensibilità e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta da Dio e non alterata dall’ideologia del gender, al tema dell’aborto e dell’eutanasia”.
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“Compito degli ordinati – spiega poi Zenti – non è schierarsi per partiti o persone, ma segnalare presenze o carenze di valori civili con radice cristiana”. Nella lettera il vescovo indica altri valori sulla cui presenza i fedeli dovrebbero far attenzione nel considerare i programmi dei candidati, come per esempio “il tema della disoccupazione, l’attenzione alle povertà, alle disabilità, all’accoglienza dello straniero, ai giovani, alla scuola cattolica, a cominciare dalle materne”. Monsignor Zenti ha 75 anni ed è quasi al termine del suo incarico a Verona.