Base Popolare in Veneto.
“Base Popolare ha come obiettivo questo principio. L’idea dello scontro continuo, della logica amico/nemico non porta a niente. Chi non la pensa come me è mio nemico, e quasi quasi lo querelo. No. La politica non è questo”. Fabio Binato, cofondatore e referente per il Veneto di questo movimento, è netto. “In questi anni è cresciuta una Italia diversa e stanca della contrapposizione tra sinistra e destra. Sono milioni di cittadini stanchi e confusi dalla brutalità di un bipolarismo che li costringe a schierarsi ogni volta con una parte o con l’altra”.
Anche a Vicenza dunque c’è movimento nell’area centrale dello scacchiere politico…
“Si. Nell’ottica del ‘Popolarismo Sturziano’, vogliamo riprendere la centralità della persona; parliamo di un progetto che si strutturerà, chiaramente, nel tempo. Ma è sotto gli occhi di tutti che il Parlamento è ridotto alla ratifica formale di decisioni prese altrove e, spesso, per soddisfare esigenze che hanno poco a che fare con l’interesse generale. I partiti che compongono la maggioranza pensano di poter guidare il Paese affidandosi agli annunci sostenuti dal grande sistema mediatico cui dispongono. Sul fronte opposto non notiamo la volontà di un’aggregazione programmatica che possa produrre quel valore aggiunto che si crea, pur valorizzando le peculiarità e le culture dei singoli soggetti politici”.
Voi denunciate che si stanno consolidando due nuove sub-culture della democrazia. Da una parte l’impossibile aggregazione a sinistra, dall’altra quella dei sondaggi a destra.
“Vorrei dire chiaramente che ci troviamo di fronte a partiti senza politica e ad una politica senza partiti. Contestiamo il principio secondo il quale debbano esistere degli schieramenti in perenne lotta tra di loro. L’Italia non può essere costretta a stare o di qua o di là”.
Base Popolare intende proporre dunque uno schema differente. Una politica del “per” e non di una politica del “contro”.
“Certo. Noi vogliamo promuovere una politica inclusiva e non questa attuale che esclude! Il ceto politico attuale è in fuga perpetua dalla realtà sociale. La classe dirigente di questo paese non riesce a superare la visione del ‘particulare’, sembra non avere gli strumenti per interpretare la complessità sociale. Francamente mi sembra che nessuno riesca ad esprimere un progetto. Insomma, manca un’idea di Paese”.
Questo significa che l’attuale politica non sa interpretare i problemi, le attese, le preoccupazioni del corpo sociale?
“Io vedo una politica che è semplice gestione del potere, del presente, dell’ordinaria amministrazione. Quella che manca è la volontà di prevedere, di prevenire, di costruire. È, insomma, una fuga dalla responsabilità”.
C’è una accusa particolare che voi fate ai partiti attualmente rappresentati nelle istituzioni?
“Oggi viviamo in una società composta da un terzo di ricchi super garantiti, un terzo di poveri, e un terzo a rischio di povertà composto dai ceti medi sempre più affaticati e delusi. L’attuale classe dirigente dimostra, anno dopo anno, sempre minore sensibilità nei confronti della parte più fragile della società e sembra vivere la presenza del disagio sociale con un sentimento di fastidio”.
Volete dunque dire che attualmente si cerca di governare il Paese rappresentandone soltanto gli interessi, senza interpretarne i bisogni?
“Io credo nel primato della Politica. Quella P maiuscola si ritrovare solo se riesce a rappresentare anche i bisogni. oggi tutto ciò che non è in grado di produrre o di competere viene considerato un intralcio, un peso, una zavorra. Il risultato che abbiamo conseguito in questi ultimi anni è poco invidiabile: i poveri diventano sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi e la forbice si allarga sempre di più”.
Questo il dato ultimo di una politica non attenta ai bisogni?
“C’è un dato ancora più sconfortante: per la prima volta nella storia degli ultimi cinquant’anni anche i ceti medi, tradizionalmente garantiti, sono a rischio di povertà. Milioni di famiglie trovano sempre maggiori difficoltà ad arrivare alla fine del mese”.
Concludendo?
“Concludendo diciamo che aveva ragione un vecchio politico quando diceva che il Berlusconismo non è il superamento, ma la sublimazione del craxismo”.