La mancata ratifica dell’intesa tra le parti che, dopo 14 anni di esasperata attesa, rinnovava il Contratto della Sanità Privata in Italia è un fatto di una gravità assoluta.
I rappresentanti dei datori di lavoro AIOP ed ARIS non hanno apposto la firma definitiva al Contratto Collettivo Nazionale della sanita privata dopo che gli stessi si erano impegnati con la preintesa del 10 Giugno u.s. La rottura con sindacati e lavoratori è avvenuta nonostante la Conferenza delle Regioni ed il Ministero della Salute si erano impegnati a sostenere il 50% dei costi per il rinnovo contrattuale attraverso la revisione delle tariffe per il pagamento delle prestazioni. Un sistema di remunerazione oramai regionalizzato con differenze eclatanti da regione a regione, tutte a carico dei bilanci regionali che garantiscono un monopolio straordinario all’impresa privata oltreché ingenti profitti, spesso fortemente ingiustificati nel confronto tra regioni. Tali e tanti profitti da permettersi di tirare la corda ed infrangere ogni regola nel confronto tra le parti sociali con l’esito di lasciare 100.000 lavoratori con il contratto fermo da 14 anni.
Siamo purtroppo di fronte ad uno scenario mai visto nella storia degli ultimi decenni e nell’esercizio delle responsabilità dentro una comunità democratica. La mancata sottoscrizione del Contratto mette in luce la necessità, ormai improcrastinabile, di creare regole certe di rispetto per i professionisti e dei loro riconoscimenti contrattuali, per poter lavorare in nome e per conto del Servizio Sanitario Nazionale. Non è più accettabile che i lavoratori ed i loro diritti pesino “zero” nei rapporti contrattuali tra sistema pubblico e gestori privati.
AIOP, aderente a Confindustria, ed ARIS che opera nell’ambito dei servizi alla persona promossi dalle realtà cattoliche, rappresentano i gestori della Sanità privata in Italia. Un settore che si è sviluppato sui rapporti con le singole regioni fino a determinare un quadro di tariffe e gestioni completamente fuori dal controllo nazionale e da un qualsiasi equilibrio. Per questo servono regole certe e chiare.
Se la pandemia ha per un attimo riaperto il dibattito sul valore del sistema pubblico per poi spegnersi rapidamente, dimenticando da subito il tema, questa vergognosa iniziativa dei gestori impone di riaprire politicamente la discussione.
La realtà Scaligera, in quella veneta in generale, è caratterizzata da un’importante percentuale di sanità privata, a differenza di altre Regioni: bene, proprio per questo, a fronte di quanto accaduto, il vero intervento della politica nella nostra Regione dovrebbe essere ora quello di azzerare tutti i miglioramenti economici previsti dal Tariffario Regionale rispetto al Tariffario Nazionale. Gli imprenditori veneti hanno già avuto. Si sospendano tutte le convenzioni con i gestori privati e si avvii contemporaneamente un percorso di riassorbimento del personale all’interno del sistema pubblico. Abbiamo visto, durante il loockdown, strutture private defilarsi od entrare in scena molto in ritardo. Abbiamo visto strutture private chiuse con i lavoratori in cassa integrazione quando il pubblico soffriva e non sapeva dove ricoverare gli ammalati. E ancora vediamo nella nostra regione assegnazioni extra budget per milioni di euro mentre nel pubblico si fatica ad assumere personale. Non una parola, non un vincolo a tutela dei lavoratori per poter contrarre con servizio pubblico. Lavoratori dimenticati.
La parola ora passa ai lavoratori, e se lo scontro dovesse avvenire sfuggendo alle regole consolidate che in questi decenni sono sempre state responsabilmente osservate, questo lo si dovrebbe solo alla grave irresponsabilità di questa parte datoriale e di una politica che si è tenuta in disparte. (comunicato stampa segreterie provinciali FP CGIL, CISL FP , UIL FPL)
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