Le indagini della Guardia di finanza di Verona.
Il comando provinciale della Guardia di finanza di Verona, all’esito di indagini delegate dalla locale procura della Repubblica nel settore dei reati fallimentari, stanno dando esecuzione, in queste ore, a un decreto di sequestro preventivo per oltre 1 milione e 700 mila euro. Il provvedimento, emesso dal giudice per le indagini preliminari Paola Vacca, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica, Stefano Aresu, riguarda gli amministratori di una società veronese, operante nel commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, fallita nel 2019 e il titolare di una ditta di Cerignola, in provincia di Foggia, esercente la medesima attività. I reati contestati sono quelli di bancarotta fraudolenta aggravata e omesso versamento di Iva.
Il sequestro giunge al termine di articolate indagini condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Verona che hanno ricostruito le cause del dissesto societario individuando i soggetti ritenuti responsabili. Le fiamme gialle scaligere hanno accertato, in particolare, che l’amministratore unico della società veronese, un 78enne di origini laziali, nel 2017, dopo aver rilevato il 98% delle relative quote, e aver cambiato denominazione, sede e oggetto alla società, aveva stipulato un preliminare contratto di cessione delle stesse quote a favore di una 50enne (con precedenti specifici per reati tributari e già socia di una società albanese operante nel medesimo settore del commercio di prodotti petroliferi), continuando – assieme alla donna – nella gestione societaria pur se l’amministrazione era stata formalmente posta in capo a un prestanome, anch’egli gravato da numerosi precedenti di polizia e rimasto in carica appena due mesi. Tanto è bastato a svuotare le casse della società del capoluogo.
Ciò attraverso una serie di bonifici, privi di giustificazioni contabili, disposti per oltre un milione e trecentomila euro a favore dell’impresa di Cerignola, costituita ad hoc pochi mesi prima e risultata compiacente. Riassunta la rappresentanza legale dell’impresa scaligera, il 78enne aveva contribuito – anche con il concorso della donna – ad incrementare ulteriormente il debito Iva nei confronti dell’Erario (mai versato), facendolo lievitare a oltre 420 mila euro.
I finanzieri hanno inoltre accertato che l’anziano indagato, mediante
ulteriori condotte fraudolente, aveva prosciugato le risorse finanziarie dalla società anche attraverso prelievi di contanti (oltre 76 mila euro), bonifici per oltre 40 mila euro sui suoi conti e su quello del coniuge e “ricariche” di carte di credito nella sua disponibilità (22 mila euro circa). Per questi motivi, il titolare della ditta foggiana compiacente verso cui è stata fatta confluire la parte più cospicua dei proventi illeciti derivanti dall’attività distrattiva e i due amministratori della società fallita sono stati denunciati alla competente autorità giudiziaria per l’ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta aggravata. Questi ultimi e la donna dovranno anche rispondere per il delitto di omesso versamento dell’Iva.
La prevenzione e la repressione di condotte fraudolente che consentono l’illegale sottrazione di risorse alla nazione e alla collettività rimane un prioritario obiettivo della Guardia di finanza, vieppiù nell’attuale scenario di crisi generata dalla pandemia in atto. L’azione del corpo è orientata infatti a perseguire con determinazione gli illeciti economico-finanziari e, tra questi i reati fallimentari, per consentire così ai creditori sociali di ottenere quanto in loro diritto, sostenendoli in questo momento in cui è sempre più avvertito il bisogno di liquidità.