L’operazione della Guardia di finanza arriva anche a Verona.
Perquisizioni anche a Verona nell’ambito di un’operazione della Guardia di finanza di Pordenone che ha scoperto una maxi frode fiscale internazionale sul riciclaggio e traffico illecito rottami ferrosi, per un valore totale di 300 milioni di euro. Oltre a Verona sono state interessate anche le provincie di Udine, Gorizia, Treviso, Padova, Belluno, Verona, Venezia, Brescia e Como oltre che quella di Pordenone, da dove è partita l’indagine. L’operazione ha portato all’arresto di 5 persone e 53 indagati, oltre a sequestri per 66 milioni di euro
Le indagini infatti, avviate nel 2018 hanno preso spunto da evidenze di anomale movimentazioni finanziarie intercorse tra una impresa avente sede della Repubblica Ceca ed una neocostituita azienda della Provincia di Pordenone. Un metodo che ha interessato circa 150.000 tonnellate di rifiuti ferrosi (pari a circa 7.000 autoarticolati). Le aziende vendevano in nero i rottami, evadendo le imposte nonché per sottrarsi ai previsti obblighi documentali di monitoraggio disciplinati dalla normativa ambientale e di tracciamento. Per vendere i rottami alle acciaierie venivano invece emesse delle fatture per operazioni inesistenti con delle società estere in modo da ottenere una “copertura” documentale e contabile volta a farle apparire come rottami lecitamente acquistati predisponendo anche delle false “dichiarazioni di conformità” e aggirando, così, le disposizioni di legge e celando la reale origine del materiale.
In una prima fase investigativa, si scopriva come, il movimento di circa 150milioni di euro all’estero relativo al pagamento alle società estere Ceche e Slovene, veniva pori traferito in Istituti di Credito della Repubblica Popolare Cinese, nei cui bonifici venivano indicati quali causali “importazioni”, inesistenti anche queste, di acciaio e ferro. Detto ingegnoso sistema, permetteva pertanto di far giungere, mediante il sistema bancario internazionale, disponibilità finanziarie in Cina con modalità occulte aggirando i presidi previsti dalla normativa antiriciclaggio. Dall’altra parte i membri del sodalizio criminale, tramite a un sistema di compensazione, ottenevano proprio in Italia quella liquidità cash loro necessaria per retrocedere i pagamenti per le fatture fittizie in precedenza condotti.