Processo per la strage di piazza della Loggia, la superteste conferma le accuse contro i due neofascisti veronesi.
Giornata cruciale quella di ieri, giovedì 19, nel processo per la strage di Piazza della Loggia, che si sta tenendo davanti al Tribunale dei Minori di Brescia. L’attenzione era tutta puntata su Ombretta Giacomazzi, la testimone chiave. Sul banco degli imputati, Marco Toffaloni, veronese che nel 1974 aveva appena 16 anni.
Giacomazzi, figlia dei proprietari di una pizzeria di Brescia frequentata da neofascisti, aveva avuto una relazione con Silvio Ferrari, giovane militante di estrema destra morto pochi giorni prima della strage. Ferrari perse la vita in un’esplosione mentre trasportava esplosivo a bordo della sua Vespa, destinato a un attentato. Il suo nome è spesso stato legato ai movimenti neofascisti del periodo.
Confermate le accuse.
Entrando in tribunale attraverso un ingresso secondario per evitare i giornalisti, Ombretta Giacomazzi ha affrontato un’udienza a porte chiuse in cui ha confermato le pesanti accuse già fornite in fase di indagine. La sua testimonianza ha ribadito il coinvolgimento di Marco Toffaloni nell’esecuzione materiale della strage di Brescia, insieme all’altro veronese, Roberto Zorzi, attualmente imputato davanti alla Corte d’Assise di Brescia e residente negli Stati Uniti.
Giacomazzi, già coinvolta nella prima inchiesta, era stata incarcerata per otto mesi prima di essere assolta, insieme a tutti gli altri imputati del primo processo. Nel corso dell’udienza di giovedì ha offerto dettagli inediti relativi alla preparazione e alla successiva esecuzione della strage, sollevando un velo su eventi rimasti a lungo nell’ombra.
La strage di piazza della Loggia, avvenuta il 28 maggio 1974 durante una manifestazione antifascista, causò la morte di otto persone e il ferimento di oltre cento, segnando profondamente la storia del terrorismo nero in Italia.