Le mute, spettrali e mostruose, possono essere studiate al Parco Natura Viva per conoscere lo stato di benessere degli animali.
Mute bestiali nell’habitat della foresta tropicale al parco Natura Viva di Bussolengo. La raccolta delle spoglie che gli animali abbandonano sul terreno in questo periodo ha regalato “pezzi” da record e ha offerto allo staff un elemento in più per monitorare il benessere degli esemplari.
E’ il caso della pelle abbandonata dal boa costrictor, un vero e proprio “fantasma” dell’animale che l’aveva abitata. Lungo un metro e ottanta centimetri, il delicato strato epidermico è stato rinvenuto completamente integro dallo staff della Serra dei Giganti, compresi i segni degli occhi e l’inconfondibile forma triangolare della testa. “Il nostro boa ci è stato affidato anni fa a seguito di un sequestro”, spiega Carlo Benciolini, naturalista e keeper del Parco Natura Viva. “E il fatto che “si sfili” in una muta così impeccabile significa che è in ottima salute”.
Tarantola, insetto foglia secca e paguro.
C’è poi l’esoscheletro della tarantola golia, il ragno più grande del mondo, ingannevole perché talmente perfetto da sembrare un esemplare spuntato dal nulla. Trovata seminascosta accanto alla grotta preferita dal suo ex proprietario, la muta di questo animale è rimasta intatta con tanto di peli urticanti sulle otto zampe e di fori degli otto occhi, “scoperchiandosi” solo nella parte superiore. “Anche lei si è liberata della sua esuvia (la muta, appunto) per poter permettere al suo corpo di crescere. Un fatto che avviene più o meno sei o sette volte nella vita di questo aracnide, tra i pochi che non salgono mai sugli alberi ”, precisa Benciolini.
Ma chi invece tra un ramo e l’altro trascorre l’intera esistenza è l’insetto foglia secca, che si cambia perfino d’abito mentre si trova appeso a rovi e alberi. “Al momento della muta, lui non lascia il macabro segno del proprio passaggio. Perché banalmente, molto spesso mangia la sua “vecchia pelle”, in quanto ricca di nutrienti”, spiega il keeper della Serra dei Giganti.
Non meno tetra è l’abitudine del paguro di foresta, che non ha un proprio guscio ma che si appropria di quello di vecchi proprietari ormai morti. “Il paguro di foresta è anche molto esigente ed è alla perenne ricerca della “conchiglia perfetta”, conclude il keeper.