False fatture per 62 milioni, quattro arresti e 12 indagati a Verona

Operazione della Guardia di finanza di Verona: false fatture, quattro arresti, 12 indagati, maxi sequestro di beni.

Un giro di fatture false per 62 milioni di euro: lo ha scoperto la Guardia di finanza di Verona, che ha arrestato quattro persone, ora ai domiciliari. Contestualmente è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 3 milioni di euro nei confronti di un Consorzio attivo nei settori delle pulizie, del facchinaggio, della logistica e del packaging, a cui facevano capo diverse cooperative.

Oltre ai quattro arrestati, sono indagate altre dodici persone, fra le quali un commercialista veronese che gestiva la contabilità del Consorzio e delle cooperative. Le indagini, coordinate dalla locale Procura della Repubblica, hanno consentito di individuare un’associazione per delinquere responsabile dell’emissione e dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per oltre 62 milioni di euro tra il 2018 e il 2021.

Le false cooperative.

Le Fiamme Gialle hanno dimostrato l’esistenza di un’organizzazione criminale dedita alla gestione e allo sfruttamento di manodopera formalmente assunta da cooperative “spurie” (false cooperative utilizzate come “scatole vuote” finalizzate all’evasione fiscale e contributiva) di fatto gestite dagli arrestati, che tenevano le redini dell’intera struttura societaria. L’obiettivo del Consorzio, una volta ottenute le commesse e gli appalti, era quello di sfruttare il vantaggio ultra concorrenziale scaturente dalla totale inottemperanza agli obblighi di versamento delle imposte da parte delle cooperative consorziate.

Il modus operandi.

In altre parole il Consorzio provvedeva a instaurare i rapporti con i committenti (pubblici o privati) aggiudicandosi i lavori a prezzi estremamente competitivi; i lavori venivano eseguiti dalle cooperative consorziate, intestate a soggetti prestanome, che omettevano di versare imposte e contributi; le cooperative fatturavano (con Iva) al Consorzio, beneficiario così di “Iva a credito”, senza tuttavia versare all’erario l’Iva dovuta; il Consorzio onorava solo in parte i pagamenti delle fatture per i lavori svolti dalle cooperative le quali non esercitavano alcuna azione a tutela dei crediti maturati nei confronti del Consorzio; i lavoratori venivano diretti dal committente e non dalle singole cooperative.

In sostanza, le cooperative si sono rivelate imprese asservite agli interessi del Consorzio e dell’associazione criminale, svolgendo la funzione di entità giuridiche di comodo che, oltre a costituire illeciti contenitori di forza-lavoro (la fornitura di manodopera è vietata se non svolta da agenzie interinali a tale scopo autorizzate), erano sfruttate per dirottare oneri tributari e contributivi mai assolti (vero guadagno dell’attività criminosa).

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