Sigilli a un centro massaggi di Legnago, mamma e figlia arrestate per sfruttamento della prostituzione.
Sigilli al centro massaggi di via Oslavia a Legnago: è tra gli 11 finiti nel mirino di un’inchiesta contro lo sfruttamento della prostituzione condotta dalla Procura di Perugia. Come riferisce l’Arena, una donna di 49 anni, che gestiva l’attività è finita in carcere a Montorio, mentre per la madre, 74 anni, è scattato l’obbligo di dimora nella sua casa di Cerea. Per l’accusa, quindi, il centro massaggi di Legnago, come gli altri 10, dietro le tende rosse nascondeva attività che andavano ben oltre il massaggio rilassante.
Il sequestro preventivo del locale è stato operato nei giorni scorsi dai carabinieri del Nucleo operativo e Radiomobile di Legnago, in collaborazione con i militari della Compagnia di Assisi, che hanno dato esecuzione a un’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Perugia nei confronti di 22 persone, di nazionalità cinese, che gestivano centri estetici in tutta Italia (oltre che a Legnago, nelle province di Perugia, Lodi, Bologna, Firenze, Prato, Arezzo, Fermo, Ascoli Piceno, Teramo e Brindisi), 18 delle quali finora rintracciate. Otto di queste, tra le quali la 49enne che gestiva il centro legnaghese, sono finite in carcere, una ai domiciliari mentre per altre cinque è scattata la misura cautelare dell’obbligo di dimora. I rimanenti indagati risultano ancora irreperibili.
Gli annunci sui siti.
Il giudice ha disposto inoltre i sigilli anche per un appartamento a Bastia, un furgone e tre auto, tredici conti correnti e cinque libretti di deposito al risparmio, oltre a nove carte prepagate. I clienti venivano allettati da appositi annunci su siti “specializzati”, nei quali venivano pubblicizzati centri di massaggi cinesi, fra loro collegati. Inutile aggiungere che gli annunci avevano una “esplicita evocazione sessuale, riproducendo ragazze che, se non totalmente prive di indumenti, sono in pose seducenti o indossano abiti succinti, non lasciando quindi dubbi sulla natura delle prestazioni offerte”.
Le accuse contestate vanno dal reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento della permanenza e della collocazione di manodopera clandestina e al riciclaggio dei proventi illeciti, fino alla presentazione di false documentazioni alle autorità di pubblica sicurezza al fine di ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno per le “massaggiatrici al lavoro” nei vari centri, tra i quali anche quello di Legnago. Secondo l’accusa, il sistema garantiva ad ognuno degli 11 centri massaggi coinvolti fino a 350mila euro al mese.