Verona, caso citrobacter: la Procura chiede il rinvio a giudizio per sette medici e dirigenti.
Caso citrobacter, la Procura della Repubblica di Verona ha richiesto il processo per sette ex dirigenti e medici dell’Azienda ospedaliera universitaria di Verona. Sono accusati di aver causato lesioni e morti di neonati presso l'”Ospedale della donna e del bambino” a causa di un’epidemia di infezione da citrobacter che si è verificata tra il 2018 e il 2020. Le accuse variano da omicidio colposo a lesioni colpose gravi e gravissime nell’ambito sanitario.
Coinvolti in questa vicenda Paolo Biban, ex direttore della Pediatria, Francesco Cobello, ex direttore generale dell’Azienda ospedaliera universitaria, Chiara Bovo, ex direttore sanitario, Giovanna Ghirlanda, direttore medico ospedaliero, Evelina Tacconelli, direttore di Malattie infettive, Giuliana Lo Cascio, ex direttore di microbiologia e Stefano Tardivo, risk manager dell’azienda ospedaliera.L’udienza preliminare davanti al giudice Livia Magri è prevista tra un mese, con ulteriori date fissate a dicembre.
Le denunce iniziarono con i genitori di quattro neonati deceduti, oltre a un centinaio di neonati contagiati e nove che rimasero disabili. Dopo un’indagine condotta dalla Procura, è emerso che soltanto due casi sarebbero imputabili agli operatori sanitari, avvenuti durante la cosiddetta “fase tre” o “tardiva” dell’epidemia di citrobacter nell’unità di Terapia intensiva neonatale e pediatrica dell’ospedale, tra il 22 febbraio e il 30 maggio 2020. Ed è per questi due casi che è stato chiesto il rinvio a giudizio. Per gli altri casi, la posizione di medici e dirigenti è stata stralciata.
L’infezione è stata attribuita a un “batterio killer” che era presente in un rubinetto dell’acqua utilizzato dal personale della Terapia intensiva e nei biberon. Gli esperti ritengono che queste morti avrebbero potuto essere evitate se fossero state prese misure tempestive e adeguate. Il reparto è stato chiuso solo il 12 giugno 2020 per consentire una completa disinfezione degli spazi.