Bussolengo, dopo il Covid don Marco scrive ai parrocchiani: “È stata dura, ma ora sto bene”

Il giovane prete 28enne di Bussolengo scrive ai propri fedeli.

Don Marco scrive una lunga lettera, indirizzata ai propri fedeli di Bussolengo e non, e a tutti coloro che in questo difficile periodo gli sono stati vicino. Il giovane prete veronese di 28 anni, lo ha fatto attraverso il proprio profilo facebook, raccontando i momenti difficili e duri passati in ospedale per colpa del Covid.

Carissimi amici, sono passati ormai un paio di mesi da quando noi, preti di Bussolengo, siamo stati contagiati dal covid. Fortunatamente don Diego, don Andrea e Abba Yonas hanno recuperato in tempi moderatamente brevi.

Dopo aver vissuto un primo periodo in ospedale dove la terapia con il ventilatore sembrava funzionare nella riabilitazione dei polmoni, ho subíto un grave crollo fisico che ha costretto i medici ad iniziare la terapia più intensa nel reparto di rianimazione. Intubato e sedato è iniziato per me il lungo periodo di cura che consisteva in cicli di prostrazione e pronazione per poter far lavorare al meglio i polmoni. Inizialmente il corpo non rispondeva alle cure, anzi, peggiorava, ed ha costretto i medici a trasportarmi in un altro ospedale. Con la disinformazione e un po’ di fantasia alcuni mi hanno anche dato per morto.
Ma, nonostante la mia situazione, è iniziato un periodo di ripresa e di miglioramento che si può benissimo definire “miracolo”.
Nel giro di una settimana i polmoni hanno riniziato a funzionare, dando così la possibilità ai medici di svegliarmi e, dopo 3 giorni, di stubarmi. I progressi erano giornalieri tanto da riuscire a mangiare qualcosa di frullato già entro la settimana. Passato poi per qualche giorno nel reparto subintensivo covid, mi hanno trasferito nel reparto covid “normale” dove con alcuni esami i medici hanno potuto constatare il buono stato di tutto il corpo, specialmente il sistema muscolare e nervoso. Essendo stato fermo per molto tempo ho avuto un calo di forze importante, tanto da non rendermi autosufficiente fino al trasferimento nel reparto di riabilitazione intensiva di Negrar.
Ad ora sono due settimane che sono in questo reparto e i progressi continuano a far sperare in una ripresa rapida.
Ora sto bene, le gambe reggono bene, tanto da riuscire anche a camminare con le stampelle. Braccia e mani hanno ripreso vigore e mi permettono di autogestirmi in libertà.

Il periodo passato è stato per molti motivi di pensiero, ma soprattutto di preghiera. Ciò che sto vivendo e mi sto portando nel cuore è il sentimento di chiesa vissuto proprio in quel periodo. Una chiesa chiamata a pregare a farsi vicina. Una chiesa che non ha confini e che da tutta Italia ha innalzato a Dio una preghiera unanime per un giovane sacerdote che neanche conoscevano, ma che sentivano importante per il regno di Dio.
Ecco, ciò che sono è dono di Colui che mi ha chiamato ed è proprio Lui che mi ha rivoluto qua.
Fratelli e sorelle abbiamo vissuto un miracolo: quello di un Dio, del nostro Dio, che non abbandona nessuno. Di un Dio che riporta alla Vita.

Ringrazio di cuore tutte le persone che sono sono state vicino a me e alla mia famiglia con la preghiera, un pensiero o un messaggio. Siete veramente tanti! Ed è bello poter pensare che il cammino della chiesa rimane vivo per questo: compartecipi della grande azione di Dio che si prende cura di noi, anche noi possiamo prenderci cura gli uni gli altri mostrando così il volto del Risorto.

Grazie di cuore,
Don Marco Nebbia Accordini

Note sull'autore