Il giudice: urla e metodi educativi «vecchio stampo», ma nessuna violenza o abuso
«Redarguire un bimbo per qualcosa di sbagliato», «urlare “basta” per intimare» in classe a un alunno «la cessazione di un certo comportamento»? Secondo il giudice Raffaele Ferraro che lo scorso febbraio ha assolto tre maestre d’infanzia veronesi sospettate di aver «abusato dei mezzi correttivi», analizzando i video delle telecamere nascoste nelle aule «non emerge la figura di un’insegnante despota, quanto piuttosto “vecchio stampo”, che utilizzava magari metodi educativi che la moderna psicologia infantile ritiene non più validi».
L’accusa parlava di bambini tra i 3 e i 5 anni che in più occasioni sarebbero stati «lasciati soli» ma anche, se si mostravano particolarmente vivaci, «trascinati da una zona all’altra della stanza, afferrati energicamente», richiamati a suon di «strilli e parolacce». Tutte contestazioni di cui invece, a fronte di richieste di condanna tra un massimo di 8 mesi e un minimo di 2, le tre imputate sono state ritenute non responsabili «perché il fatto non sussiste». Un verdetto che ha accolto in toto le argomentazioni difensive (avvocati Stefano Casali con Maria Rachele Borrelli, Andrea Morabito, Filippo Vicentini) , secondo cui «nessun atto inappropriato è mai stato commesso dalle docenti». Stando al pm Eugenia Bertini, al contrario, le educatrici si sarebbero macchiate di una serie di presunti comportamenti illeciti in una scuola statale dell’infanzia che si trova in un comune della cintura urbana. Accuse che tuttavia, a parere del giudice, non hanno trovato riscontro dalle videoriprese: «Non ci sono state offese – si legge nelle 20 pagine di motivazione – né insulti, schiaffi o “botte” in genere, né minacce di punizioni o castighi o violenze psicologiche in genere, ma solo l’uso diretto di una certa energia fisica per la gestione, in quel preciso momento, del bambino problematico o riottoso a non voler fare qualcosa (alzarsi da terra, mettersi a letto), o per interrompere una situazione di possibile pericolo per gli stessi bambini (quando bisticciavano o si colpivano). Non pare proprio che in queste situazioni venga in rilievo l’uso di mezzi di correzione o disciplina».
Il giudice
Infatti, prosegue il giudice, «l’educatore, se le parole non bastano, può ricorrere a mezzi diretti come prendere il bambino per far sì che, con l’applicazione di una minima forza fisica, faccia ciò che non vuole fare o impedirgli di fare ciò che non deve fare». Inoltre, «i sistemi educativi possono essere diversi ma in ognuno di essi ha un posto fondamentale il problema dell’obbedienza del minore all’adulto che ne ha cura». Quindi «si potrà discutere dell’opportunità dell’uso di certe modalità operative nella gestione dei bambini, ma non pare proprio che vi sia stato abuso di mezzi di correzione e disciplina». Alla luce di ciò, «si ritiene che tali condotte eccessive, anche per la loro episodicità, non possano aver fatto sorgere un reale pericolo per la salute fisica o psichica del bambino». Quanto alle presunte «sberle», infine, «possono essere consistite in una pacca sul sedere e un buffetto sulla testa, senza particolare energia, tanto che non risulta che il bimbo abbia pianto o risentito del gesto. Se così è, non è ravvisabile il concreto pericolo di danno alla salute che è elemento costitutivo del reato». E dunque, maestre assolte. (Corriere.it)
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